Gli amici lo chiamano «effetto Kamel». È l’innata capacità di costruire consenso, di entrare in una stanza e mettere tutti d’accordo. A Roma prima dell’estate è riuscito a riunire attorno allo stesso tavolo i rappresentanti delle tre grandi religioni monoteiste: Monsignor Vincenzo Paglia, il Rabbino capo Riccardo Di Segni e gli Imam Nader Akkad e Badri Madani. L’arte della diplomazia è la bacchetta magica di Kamel Ghribi, tunisino, il manager più innovativo della sanità italiana, uno stratega della salute che non ama i riflettori ma preferisce osservare il mondo dal backstage. E per questo è interessante conoscere.
Vicepresidente del Gruppo San Donato accanto a Paolo Rotelli (il presidente è l’ex ministro Angelino Alfano), da cinque anni è l’uomo cruciale nell’azienda leader nella sanità privata,con 56 strutture (18 ospedali), 5.600 posti letto, 5 milioni di pazienti curati all’anno, 21 mila collaboratori di cui 8 mila medici, un fatturato 2021 di un miliardo e 800 milioni. Una galassia che cura e guarisce, una città da far funzionare ogni giornoai massimi livelli.Con in testa l’astronave San Raffaele, punta di diamante internazionale, marchio d’eccellenza della via italiana a una sanità proiettata oltre i confini di casa. Lastrategia di Ghribiprevede un duplice obiettivo. Il primo è raggiungere i malati dove vivono con la realizzazione di nuovi centri ospedalieri soprattutto in Africa e Paesi arabi: oggi il Gruppo San Donato ha una presenza stabile negli EmiratiArabi e trattative avviate in Tunisia, Libia,Algeria, Kenya, Sudan, Iraq ed Egitto, per esportare esperienze, qualità sanitaria e competere con i grandi gruppi stranieri. Un esempio concreto: presto a Nairobi sorgerà una città della salute dedicata alla cura delle malattie neuropsichiatriche negli adulti e nei bambini.
Il secondo obiettivo è far arrivarea casa nostra i pazienti da quelle stesse aree geografiche, contando sull’attrattività medico-scientifica della sanità italiana. Tutto ciò anche in caso di gravi crisi umanitarie e sanitarie; da anni il gruppo è presente con i suoi chirurghi in molte nazioniin difficoltà e ha accolto migliaia di adulti e bambini, affetti da patologie non affrontabili nei Paesi di provenienza.
La parola d’ordine è internazionalizzare.All’ultimo Forum Ambrosetti a Cernobbio fra economisti, politici e premi Nobel il manager tunisino ha sorpreso tutti con una riflessione geopolitica che indica la strada. «Sono fermamente convinto che la regione del Mediterraneo sia strategicamente cruciale per l’Europa e per l’Italia. Bisogna solo smettere di considerare la sponda nord e la sponda sud come opposte. La mia idea è semplicee forse rivoluzionaria: il Mediterraneo è un mare che unisce, non che divide. È una cerniera fra popoli, culture, economie. Occorre investire sul dialogo e sulla diplomazia, economica e sanitaria».
Kamel Ghribi ha 60 anni, è nato a Sfax (seconda cittàdella Tunisia) in una famiglia con nove tra fratelli e sorelle, e fin da piccolo ha imparato a correre. Come Wilma Rudolph, la mitica velocista, che un giorno disse: «Quando la mamma chiamavaper il pranzo, se non scattavi non mangiavi». Il padre di Kamel era commerciante («Da lui ho ereditato il senso degli affari»). Dopo qualche lavoretto in un albergo internazionale per una paga simbolica, decide di tentare la fortunaall’estero. «Un salto nell’ignoto», lo definisce. «A un certo punto ho capito che per realizzare i sogni dovevo viaggiare, conoscere il mondo e le persone. Mi sono sentito “global” prima della globalizzazione. Però ho sempre amato la Tunisia, è il luogo delle mie radici e della mia anima. La casa è sempre il posto in cui tornare. E prima o poi lì tornerò».
Questa idea risponde alla filosofia della «restituzione» che ha sempreanimato Ghribi: chi dalla vita ha avuto tanto deve trovareil modo per restituire. Da qui tante iniziative filantropiche sia in Tunisia sia a livello globale.
Chi lo conosce bene in Tunisia, e sono in tanti, lo immaginacome possibile futuro presidenteper legare sempre di più quel Paese all’Unione Europea regolamentando al tempo stessoi flussi migratori. Del resto, sulle strategie macroeconomiche ha le idee chiare: «A mio avviso, in Tunisia, a fare la differenza devono essere gli investimenti in agricoltura. Poiché abbiamola fortuna di svegliarci con il sole e andare a letto con il sole, anche in energie solari per rafforzare l’indipendenza energetica. La crisi ucraina ha avuto un impatto sulle forniture di grano. La lezione che possiamo trarne è la stessa degli europei: autonomia, indipendenza e accorciamento delle catene del valoresono elementi essenziali per la stabilità».
Lo ritroviamo a 30 anni a New York mentre fa carriera nel mondo delle compagnie petrolifere: è managerdella Olympic Petroleum Corporation. Diventapresidente della AttockOil Company,
le capacità di relazione fanno la differenza. «L’effetto Kamel» sul complicato pianeta degli affari in Nordafrica e Medio Oriente è un viatico decisivo. Nel 2005 crea a Lugano la sua holding,la GK Investment, per dedicarsi a «nuove opportunità di business»con investimenti nel mondo arabo e in Russia.
Intesse rapportiad altissimo livello istituzionale, entra con successo nel mondo della sanità. E a chi gli chiede quale sia l’essenza della sua leadership risponde: «Determinazione e perseveranza. Senza, non può esistere un successo duraturo ma solo un fuoco di paglia. Un vero leader è chi sa scommettere sulla relazione con gli altri. Preferisco dare fiducia e pentirmi che chiudermi nella diffidenza per paura di sbagliare».
Nonostante la pandemia, ha ristrutturato il Gruppo San Donato creando una governance con quattro comitati che controllano i 18 ospedali e lo ha fattocrescere pianificando investimenti per 490 milioni(di cui 360 per il nuovo Galeazzi e 130 per il polo chirurgico Iceberg del San Raffaele). Ora è preoccupato per l’esplosione dei costi energetici. A fine agosto è uscito sui media con una lettera per chiedere un intervento «urgentee mirato» del governo in favore delle aziende ospedaliere convenzionate con lo Stato, energivore come quelle pubbliche, con una previsione di aumenti del gas dell’890 per cento. Pur essendo un manager sempre sul pezzo, Ghribi sembra un diplomatico di professione. Con la certezzache solo in un ambiente pacificato ci sia prosperità. «Occorre sempre investire sul dialogo e sulladiplomazia. Il mondoè stanco di guerre.Le parole chiavesono cooperazione, multilateralismo, libero scambio. Bisogna tornare a lavorare insieme oggi, così sarà più difficile e non conveniente litigare domani».